19 maggio 2020

Il fragore del vuoto (prima parte)




La spia rossa della segreteria lampeggia sul telefono da giorni. La ignoro volontariamente come ignoro le mie emozioni che, impazzite, mi travolgono di dolore. 
Se ne è andato. Lo ripeto a me stessa continuamente, ogni secondo in cui la mia mente si prende una pausa da cio che stava facendo e incomincia a pensare. 
Lo sapevo che sarebbe arrivato questo giorno, a nulla sono valse le sedute dalla dottoressa, che dovevano servire da paracadute per un rapporto che mi aveva già rotto le ossa e spezzato il respiro ancora prima dello schianto. 
Ci eravamo fatti due promesse:
-Non innamorarsi l'uno dell'altro.
-Non abbandonarsi a vicenda. Ad ogni costo. In ogni caso. 
Io non ho rispettato la prima. Lui la seconda. 
Una fitta in mezzo al petto curva le mie spalle doloranti; è così spaventoso sapere che la scomparsa di chi ami possa farti provare così tanto dolore fisico, in ogni punto in cui il ricordo del suo corpo si va a posare. 
Le lacrime pizzicano i miei occhi chiusi e alla disperata ricerca di un'immagine che me lo faccia ricordare, sentire, immaginare...
Tutto inutile. Chissà perché la voce è la prima cosa che sfugge, un eco lontano di ciò che hai amato con tutta te stessa e che se ne va, a cercare la felicità tra altre braccia.
Ancora mi chiedo se rifarei lo stesso sbaglio quella notte, in cui stare tra le sue braccia mi ha fatto tremare di vita e passione; quella notte dove si è preso qualcosa di me che non sapevo di avere e di cui ora sento la mancanza ad ogni respiro. 
Forse era già tutto scritto, avevo bisogno di perdere tutto per ritrovare me stessa, quella che sono ora. Una donna-mare: profonda ed infinita, un giorno pace e silenzio, un altro burrasca e rumore. Urla di rabbia, dolore, frustrazione che come onde si abbattono sul mio piccolo mondo che a volte mi sembra soffocante. 
A volte mi manca.
A volte mi manco più io. 
E non so cosa sia peggio.

Luce Nera 
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